Descrizione
Nel libro “Sanluri terra lori”, edito a Cagliari nel 1965, P. F. Colli Vignarelli, a proposito della chiesa di San Martino, scrive che è molto antica, senza tuttavia specificare in quale secolo sia stata costruita. In effetti, i documenti d’archivio che la riguardano, partono dalla fine del sec. XVI e si riferiscono soprattutto ai restauri cui venne sottoposta e ai lasciti destinati all’abbellimento dell’altare e agli arredi. Non è pertanto possibile, sulla base dei dati archivistici in nostro possesso, risalire alla sua fondazione.
Per quanto più volte restaurata e modificata nel corso dei secoli, la chiesa conserva tuttavia alcuni particolari archittetonici – il portale lunettato in facciata e l’abside semicircolare – tipici dello stile romanico. Sulla base di queste osservazioni possiamo ritenere che sia stata edificata in età medioevale, presumibilmente intorno al XIII secolo. L’edificio è sito nella periferia del paese, al di fuori del nucleo fortificato medioevale. Per questo nel 1652, quando anche Sanluri fu colpita dalla grande epidemia di peste che imperversava nell’isola, nell’area circostante vennero seppellite le vittime del contagio. Un dipinto custodito attualmente nella parrocchia ma proveniente da questa chiesa, assieme ai registri parrocchiali documenta con estremo realismo la situazione drammatica vissuta dal paese in quel periodo. Vi sono raffigurati la Vergine col Bambino, i Santi Martino, Rocco e Rosalia (invocati in occasione delle epidemie), il committente in preghiera, le Anime Purganti e, in basso, un piccolo scorcio di Sanluri nel quale è possibile individuare la chiesa di San Martino (a sinistra, senza porticato, circondata da un muretto basso), verso la quale si dirigono il carro trainato da buoi, che trascina, legate per i piedi, altre due vittime della peste. Altri due cadaveri si trovano attorno alla chiesa (venivano seppelliti infatti nel “cimiterio comun de San Martin” come attestano i registri ) e per le strade. Il quadro (che P. Colli Vignarelli assegna erroneamente al sec. XVI) venne con molta probabilità donato alla chiesa di San Martino da un devoto sanlurese forse scampato all’epidemia; egli è infatti raffigurato inginocchiato in preghiera ai piedi della Vergine e dei tre santi intercessori.
Numerosi lasciti furono destinati, tra il 1653 e la fine del secolo al cimitero di San Martino, che venne risistemato e delimitato da mura. I morti, al termine dell’epidemia, ripresero ad essere seppelliti, come in passato all’interno del paese, nelle chiese e nei cimiteri attigui alla parrocchiale e alla chiesa di Sant’Anna.
Oggi il cimitero di San Martino non esiste più, mentre la chiesa, quasi fatiscente sino a qualche anno fa, è stata recentemente restaurata grazie all’intervento della comunità del quartiere in cui è sita.
La struttura architettonica è molto semplice: ha una sola navata con abside semicircolare e copertura a capriate. La facciata ospita un portale lunettato e il campaniletto a vela, sormontato da una croce. Un secondo portale si apre nella parete laterale. Su quest’ultima e in facciata è addossato il portico ricostruito, assieme al tetto, in occasione dei suddetti restauri. La chiesa, come già detto, è stata più volte restaurata nel corso dei secoli. I registri parrocchiali attestano le spese per l’acquisto di tegole nel 1663, e per altri lavori di ristrutturazione nel 1675, nel 1726-28 e nel 1750-52 (in questo periodo il carpentiere sanlurese Giuliano Manconi aggiustò il tetto, il porticato e una porta, costruì un armadio a muro in sacrestia, pavimentò quest’ultima e anche la chiesa, imbiancò ecc., restaurò inoltre il quadro o “retablo” di San Martino). Nel 1761-62, in occasione della visita arcivescovile, fu ordinato che la chiesa fosse provvista di finestre affinché entrasse più luce e che nella finestra della sacrestia fosse apposta una grata per motivi di sicurezza. Nei decreti arcivescovili si aggiunge inoltre che il cimitero in cui si seppelliva ai tempi della peste, fosse ben chiuso da pareti per impedire l’ingresso ai “brutos” e che venissero collocate due croci: una grande, al centro dell’area cimiteriale, e un’altra sopra il portale.
Numerosi restauri sono documentati anche nel sec XIX: in occasione della visita pastorale del 1822 la chiesa venne interdetta fino a che non si fosse provveduto ai necessari lavori che vennero eseguiti nello stesso anno; altri rifacimenti furono effettuati nel 1832, il tetto, nel 1836, nel 1839, nel 1841. In occasione della visita pastorale del 1845 la chiesa viene così ritenuta finalmente “decente”. Dai documenti d’archivio, in particolare i testamenti, risulta inoltre che alla chiesa furono donate diverse opere di cui oggi, purtroppo, non rimane traccia: nel 1652 furono destinate 50 lire per la realizzazione del tabernacolo; nel 1670, alla morte di Juan Diego Lampis, sulla base delle disposizioni testamentarie si ordinava l’acquisto di una cortina di seta “que sirva para hazer el quadro de Nuestra Señora de Buen Camino, y se ponga en San Martin de dicha villa”; il sacerdote Antiogo Cocu dispose invece che alla sua morte (1719) il quadro della Vergine del Rosario conservato nella sua casa, fosse collocato nell’altare maggiore della chiesa di San Martino e fatto restaurare dai suoi parenti ogni qualvolta si ritenesse necessario. L’interno dell’edificio custodiva, fino agli anni sessanta diversi arredi, tra cui il dipinto seicentesco di cui si è parlato precedentemente e alcune statue di legno intagliato: S.Margherita, S.Bartolomeo, S.Lucifero Vescovo e S.Martino. Solo quest’ultima si trova attualmente nella chiesa, mentre la prima (S.Margherita), scomparsa in seguito a un furto, è stata recentemente consegnata al parroco che la custodisce nella terza cappella a sinistra della chiesa parrocchiale. Delle altre statue, purtroppo scomparse, non rimane che qualche vecchia foto. Il simulacro di San Martino, attualmente ridipinto, è forse opera seicentesca di bottega sarda (ma potrebbe essere più antica); indossa dei paramenti (piviale, stola e manipolo in tessuto broccato a racemi dorati, rose e piccoli fiori colorati su fondo bianco) databili al secolo scorso. Il piviale è chiuso da un fermaglio d’argento di manifattura sarda.
La statua di S.Margherita è anch’essa attribuibile a scultore sardo del XVII. L’antica campana della chiesa, attualmente conservata all’interno della chiesa, ma in origine situata nel campaniletto, è di piccole dimensioni. Ornata da un rilievo raffigurante il busto della Vergine col Bambino riporta, oltre alla data di esecuzione (1609), il nome dell’amministratore della chiesa in quell’anno (Balloi Pittau Procurator de San Martino 1609). E’ stata sostituita, in occasione degli ultimi restauri, con un’altra più recente, proveniente da una casa privata.